16.10.04

[2002#05] calendario


Il calendario è uno dei più antichi artefatti grafici nella storia dell'umanità, le cui tracce si perdono nelle notte dei tempi. Come la scrittura (nelle sue varie primigenie forme) ha reso visibile la parola, trasformando radicalmente la natura stessa della comunicazione umana, così il calendario (presente anche presso culture prettamente orali) ha reso visibile il tempo, iscrivendo e misurando nello spazio, tramite segni, il ciclo delle stagioni e dei giorni, i moti degli astri, della luna e del sole. Utile strumento per regolare le fondamentali attività agricole delle civiltà antiche, di cui rivela anche le profonde conoscenze astronomico-astrologiche, il calendario si è ben presto avvalso della scrittura per prender forma leggibile. Con ciò, il calendario ha sussunto anche una delle originarie motivazioni della scrittura, quella che si potrebbe definire "ragion contabile", legata alla proprietà e all'economia, allo scambio e alle sue scadenze, cioè all'organizzazione stessa della vita urbana e della struttura sociale, fin dal quarto millennio aC. Non a caso, la parola calendario deriva dall'etimo latino calendarium, che significa libro dei conti (e, per estensione, intero patrimonio di qualcuno), da calendae, il primo giorno del mese – tristes calendae scrive Orazio, giacché termine usuale di pagamento di debiti e interessi. Al contempo, informa il sempre prezioso, storico Dizionario di Nicolò Tommaseo (1830) che: "gli antichi Romani avevano calendarii, scolpiti in pietra, anche a uso dei villici, indicanti e le stagioni e le operazioni rurali e le feste", ossia che il calendario era già quel sistema coerente di scansione cronografica, evolutosi nell'elencazione suddivisa in mesi e giorni e quant'altro, quale l'intendiamo oggi. Precisa ancora il Tommaseo che si deve intendere per "Lunario, tavola o libro dove stanno registrati i giorni dell'anno solare […] per l'uso civile; il calendario, propriamente, per l'ecclesiastico". La storia dell'evoluzione di questa vera e propria tipologia di artefatto grafico è estremamente articolata, nonché ricca di episodi assai significativi, che qui non è possibile né ripercorrere né commentare nel loro svolgersi; tuttavia, è opportuno citare almeno due opere emblematiche di tale percorso. Nell'era tarda delle scritture manuali, poco prima dell'avvento della scrittura artificiale di Gutenberg, i manoscritti più diffusi e popolari erano i Libri delle ore: veri libri-calendari per uso devozionale. Capolavoro di questo genere è l'opera nota come Les Tres Riches Heures du Duc de Berry, commissionata da Jean, duca di Berry, l'appassionato bibliofilo fratello di Carlo V, re di Francia, ai celebri amanuensi-miniatori Limbourg, che l'approntarono per il principio dell'anno 1411. Le prime 24 pagine si offrono come una straordinaria realizzazione grafica; in ogni apertura, il foglio a sinistra mostra una illustrazione tematica (legata ai lavori stagionali), quello a destra l'elenco dei giorni, coi nomi dei santi: matura espressione di una delle forme più tipiche di questo artefatto visivo, il calendario illustrato. Pochi anni più tardi, ma già a rivoluzione tipografica in corso, uno dei più significativi incunabola è un'opera redatta da "Ioannes regio de monte", meglio noto come il Regiomontano, frutto della collaborazione di "Bernardus pictor de Augusta, Petrus loslein de Langencen, Erhardus ratdolt de Augusta". Si tratta del Calendarium, una sorta di calendario-almanacco astronomico, edito nel 1476 a Venezia (ove il maestro-tipografo Ratdolt si ferma fino al 1486), ricco di innovazioni significative nella storia della stampa. Non solo il Calendarium è il primo libro a fregiarsi di una pagina dotata di titolo, autore, data e realizzatori, entro una ricca cornice decorativa utilizzata in maniera inedita, ma è anche illustrato con 60 diagrammi di eclissi, stampati a due colori (nero e giallo) e un regolo girevole per il calcolo dei cicli solari. Ci siamo ripromessi di limitare i casi emblematici di calendari ai due sommariamente descritti ma si potrebbe continuare senza difficoltà, nel tracciare le molteplici rotte che portano questo apparentemente effimero artefatto grafico fino ai giorni nostri, fino al dilagare di stampati che scandiscono il tempo nei modi più vari, non di rado con seduttive armi che relegano in secondo piano la funzione propriamente cronologica, facendone banali oggetti di consumo e talora di collezionismo – si pensi al fenomeno dei calendari Pirelli. Non è inopportuno ricordare almeno che, nelle vicende della comunicazione visiva moderna, il calendario (oggetto sempre oscillante tra la grafica diagrammatica e la rappresentazione iconica) è stato ripetutamente tema di sperimentazioni d'eccellenza, affidato alle mani di grandi progettisti visuali -fino al limite estremo di alcuni calendari perpetui, entrati anch'essi a far parte della storia del design.
Sulla scia di questa vena sperimentale contemporanea, il calendario che accoglie queste brevi note di presentazione è stato progettato da dodici grafici italiani. Ha scelto di intitolarsi Carpe diem. Lettere italiane, non solo per richiamare filosoficamente – con la sentenza di Orazio – la perenne attualità del presente, ma anche per restituire un panorama trasversale della grafica italiana; all'interno di una filosofia comune nell'intendere il mestiere del grafico, la selezione degli autori propone una lettura incrociata di varie e non coincidenti inclinazioni: in ciò concorrono i dati anagrafici (si va, di decade in decade, dal 1923 di Provinciali al 1971 di Schiavi), i luoghi di nascita e operatività, la formazione, gli ambiti (editoria, pubblicità, grafica di pubblica utilità, discografia, illustrazione). I fogli di questo calendario sono al contempo delle metaforiche missive: dodici messaggi di altrettante interpretazioni del significato del ciclo temporale e dell'uso delle lettere artificiali della tipografia. Quest'ultime sono il filo rosso che percorre queste pagine. Paese di eccelsa tradizione tipografica (e, ancor prima, epigrafica), l'Italia ha progressivamente perduto il suo ruolo centrale nei successivi cataclismi che hanno trasformato il piombo in bit -si pensi, in tal senso, all'oblio storico-critico in cui versa la figura di Aldo Novarese. Questo calendario ambisce, immodestamente e con tutti i limiti del caso, a rinvigorire la ricerca e il dibattito disciplinare; possano, in tal senso, essere un contribuito i tipi ghiacciati di Provinciali, l'orologio temporale di Lupi, i caratteri "Lettera 22" di Monguzzi, la citazione piovosa di Sonnoli, le lettere tagliate di Tapiro, i legni retrospettivi di Croatto, i fototipi Polaroid di Gardone, l'alfabeto muto pompeiano di Vetta, il montaggio-Schwitters di Fanelli, la ripresa del Neon Nebiolo di Zaffini, la tipografia modulistica di Schiavi, il calendario dell'avvento di Messina.

[Calendario, in AA.VV., Carpe diem. Lettere italiane, calendario 2003 Scheufelen, Stuttgart]
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