17.4.04

[1996#01] berlino

l progetto d’immagine della città di Erik Spiekermann (MetaDesign)

«Ogni viennese è un monumento, ogni berlinese un mezzo di trasporto»
Karl Kraus, Detti e contraddetti


«Per essere efficace, ogni organizzazione ha bisogno di un chiaro senso delle proprie finalità, che siano capite da chi ne fa parte; e ha bisogno anche di un forte senso di appartenenza. -afferma Wally Olins nell’introduzione di un suo classico sul tema, quale Corporate Identity, per rispondere alla domanda: che cos’è l’identità per le istituzioni?- Obbiettivi e partecipazione sono i due risvolti dell’identità. Ogni organizzazione è unica: l’identità non può che derivare dalle proprie radici, dalla propria personalità, dai propri elementi di forza e dalle proprie debolezze. Ciò è vero per la moderna impresa globale, così come è sempre accaduto per ogni altra istituzione nella storia, dalla chiesa cristiana agli stati nazionali». In buona parte, suggerisce altrove Olins, tali ‘identità’ sono indirizzate e guidate dagli strumenti della comunicazione; per molte delle imprese contemporanee, la progettazione della propria immagine e la comunicazione della propria identità sono considerate le più appropriate e potenti tra le risorse disponibili per lo sviluppo, come dimostrano gli investimenti che ad esse vengono riservati. Il ‘coordinamento d’immagine’ delle istituzioni e delle organizzazioni umane non è però un fenomeno né recente né esclusivamente vincolato al mondo delle imprese, dell’industria e del mercato. Limitandosi per semplicità al nostro secolo, bisogna almeno ricordare, nell’ambito della cultura d’impresa, il caso esemplare e, a suo modo, assolutamente prototipico della Aeg in Germania, la cui ‘immagine’ (per quanto concerne prodotti, edifici, e comunicazione in generale) viene definita e coordinata sin dal 1907 da Peter Behrens, poliedrico talento progettuale del pensiero visivo moderno, tra l’altro straordinario disegnatore di caratteri da stampa. D’altra parte, nel settore della comunicazione d’immagine delle imprese pubbliche e del progetto d’informazione di «pubblica utilità» (secondo un’ambigua definizione, ormai in voga), sono altrettanto emblematiche, per il tema della progettazione d’identità comunicabili, le vicende del sistema dei trasporti londinesi e delle poste olandesi. Il consorzio del London Underground, poi London Transport, sotto la guida di Frank Pick (1878-1941), che nel 1912 ne è già Commercial Manager, svolge un ruolo di grandissimo rilievo nella storia del design contemporaneo. Tra i molti meriti di Pick, che è uno dei fondatori della Design and Industries Association nel 1915 (una sorta di Werkbund inglese): l’Underground Railways Sans, il carattere commissionato nel 1916 a Edward Johnston, uno dei massimi calligrafi d’ogni tempo, utilizzato dal 1919 per ogni comunicazione a stampa del sistema dei trasporti londinesi -ed è tutt’oggi in uso, ridisegnato in formato digitale, col nome di New Johnston-, che a buon motivo può essere considerato il progenitore di ogni ‘bastoncino’ moderno (il celeberrimo Futura di Paul Renner, ad esempio, è del 1927, lo stesso anno del Gill Sans di Eric Gill, che all’alfabeto di Johnston si ispira direttamente); l’adozione della ‘mappa’ (sia pur non immediatamente apprezzata) di Henry Beck nel 1933, prototipo di ogni moderna rappresentazione diagrammatica delle reti, non solo metropolitane; il coinvolgimento di artisti che vanno da Frank Brangwyn a Edward Mc-Knight Kauffer fino a Man Ray nel disegno di raffinati poster aziendali; l’affidamento a Charles Holden della progettazione di innovative stazioni della metropolitana, come Arnos Grove o Cockfosters, e della sede dell’Underground, con i controversi interventi di Jacob Epstein e Henry Moore. Altrettanto importante, per la comunicazione di «pubblica utilità», l’indirizzo impresso alle Ptt olandesi da Jean François van Royen (1878-1942) che, dopo aver denunciato nel 1912 la scarsa qualità della comunicazione pubblica «brutta, brutta, brutta --tre volte brutta- brutti i caratteri, brutta la composizione, brutta la carta, brutti i tre principali elementi che definiscono la bellezza degli stampati», riesce a disegnare per l’istituzione, nel corso di tre decenni, una immagine coordinata di elevatissimo livello, chiamando a collaborare i migliori ingegni progettuali del paese (da K.P.C. De Bazel a M. De Klerk, da V. Huszár a G. Kiljan, da W. Penaat a J. Crouwel, da P. Zwart a P. Schuitema, da L. van der Vlugt a W.H. Gispen) e impiantando così una perdurante tradizione di information design nei Paesi Bassi, di eccezionale vitalità e qualità, pressocché senza confronti in Europa -che nulla ha a che fare con la grafica e la pubblicità, quali comunemente le intendiamo.
La recente, sofisticata operazione di progettazione della ‘identità’ di Berlino, condotta da Erik Spiekermann di MetaDesign, si inserisce a sua volta in un filone di consolidate esperienze di comunicazione dell’immagine pubblica nella Germania del dopoguerra (con i casi notevoli, ad esempio, di Kiel, Leipzig, Leverkusen, Ulm) e, in particolare, nella città del muro, trovando la propria specifica occasione nella recente riunificazione del paese e della capitale. In effetti, negli anni sessanta è uno dei maggiori progettisti visivi tedeschi, Anton Stankowski, a disegnare un ben noto sistema di identità della città, adottato per un quarto di secolo, il Berlin-Layout, in sostanza una griglia con il logo Berlin composto in Helvetica in collocazioni fisse, che definiva «dei principi di ideazione tendenti a uniformare l’identità visiva di Berlino, almeno sul piano grafico. Tutti i documenti stampati dall’amministrazione devono risultare, col tempo, perfettamente identificabili, senza equivoci. Si deve poter dire: ecco, una lettera, un prospetto, una brochure, un manifesto di Berlino!». Nel 1992, il senato berlinese bandisce un concorso ad inviti per la Berlin-Identität, la nuova immagine della città, a cui partecipano Ivan Chermayeff (New York), Pentagram (Londra), Mendell&Oberer (Monaco), MetaDesign (Berlino), Eberhard Stauss (Monaco), Jean Widmer (Parigi). Al progetto ineccepibile quanto monolitico di Widmer, allievo di Itten e autore -tra l’altro- dell’immagine coordinata del Centre Georges Pompidou (1974) e del Musée d’Orsay (1983, con Bruno Monguzzi) a Parigi, viene assegnato il primo premio; la sua ‘immagine’ è caratterizzata sostanzialmente dalla scelta di un pittogramma quale simbolo della città, la foglia di tiglio (palese il richiamo all’Unter del Linden), e dal ricorso al Frutiger come carattere istituzionale. Spiekermann si guadagna con MetaDesign un onorevole terzo posto ma nel 1994 gli viene affidato, con qualche polemica, l’incarico esecutivo. Probabilmente, ciò è dovuto all’approccio persuasivo ed elastico dimostrato in fase di concorso; in tale occasione, MetaDesign dichiara di rifiutare per la comunicazione della Berlin-Identität il «metodo militare prussiano, assai praticato in tutto il mondo, che consiste nel redigere un manuale, una raccolta di suggerimenti e di proibizioni», appellandosi «al buon senso, alla ragione e fors’anche al senso del risparmio»: l’immagine della città di Spiekermann, che è un tentativo di restituzione della dinamica della cultura cittadina e delle trasformazioni in atto, si definisce attraverso un sofisticato sistema di elementi complementari (la spirale come segno generatore e le ‘finestre’ irregolari che bucano il piano di stampa, il motto Berlin e l’orso come emblema, la gamma cromatica ove predomina un tradizionale rosso, i formati fondati sul rapporto di 2:3 e sul modulo 12x18 mm, infine una famiglia di caratteri sviluppati ad hoc, il Berlina). Dal 1994, la finora parziale traduzione esecutiva del progetto di Spiekermann per la Berlin-Identität ha implicato una serie di notevoli adattamenti alle circostanze e alla committenza; ciò ha portato alla stesura per l’amministrazione del Basisdesign, un repertorio ove la «sistematica non schematica» del progetto di concorso si configura con grande semplicità, prevedendone la realizzazione in altre mani, nel disegno di un nuovo simbolo per la città (l’immagine della porta di Brandeburgo associata al logo Berlin, composto con il carattere Thesis), in una concentrata gamma cromatica, nell’adozione mista di due caratteri (il Myriad, un bastoncino digitale contemporaneo, e il Berthold Garamond, un richiamo alla tradizione). A beneficiare della nuova immagine è stata finora la Btm, Berlin Tourismus Marketing GmbH, una società pubblica costituita ad hoc per sviluppare il turismo cittadino, che, dopo aver saggiato una serie di stampati di avvio direttamente affidati a MetaDesign, procede ormai autonomamente. Contemporaneamente, sta prendendo forma, lentamente e non senza problemi ma solidamente, il complesso sistema di comunicazione progettato da MetaDesign per la Bvg, l’azienda dei trasporti pubblici berlinesi, i cui prodromi risalgono al 1987; l’articolatissima macchina visiva va dal logo unificato a una vasta gamma di pittogrammi, dai caratteri digitali (Bvg, Concorde, Frutiger) alla segnaletica, dai punti informativi alle mappe diagrammatiche delle reti fino all’allestimento e all’arredo delle stazioni. Con risultati eccezionali per gli anni che viviamo, Spiekermann si è impegnato con la Bvg in un puntuale, caparbio e delicato lavoro di information design, tanto esemplare dimostrazione attuale dell’importanza della qualità visiva nella comunicazione di «pubblica utilità», quanto elemento di riflessione e confronto, forse utile, in una situazione affatto disastrosa ma non priva di chances, sotto questo profilo, come quella del nostro paese.

[L’immagine della città, in “Casabella” (Milano), 634, maggio 1996, pp. 2-11 (italiano e inglese)]
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